Tecnologia, arte e vita: appunti per chi viene dopo

Un racconto personale che corre parallelo alla crescita vertiginosa della tecnologia, con qualche bussola utile per chi legge.

 L’immagine da cui tutto parte

Il collage è nitido, pieno di colore vintage: a sinistra un bambino con un saldatore troppo grande cerca di ridare vita a un motorino elettrico; a destra, lo stesso bambino con pantalone in velluto e zampa di elefante canta su un palco di un vecchio cinema, microfono fra le mani e lo zio alla chitarra. Già allora intuivo, senza parole, che logica tecnologica e arte, potevano crescere sotto lo stesso tetto.

 Una busta spedita di nascosto

Avevo otto anni quando strappai il modulo d’iscrizione, da un giornale settimanale, per la Scuola Radio Elettra di Torino. Lo compilai di nascosto e lo imbucai nella cassetta postale vicino alla chiesa dove, senza voglia, andavo la domenica. Qualche settimana dopo, due rappresentanti suonarono al campanello di casa. Mio padre, spaesato e confuso, ascoltò la storia, le mie spiegazioni e accettò di farmi da tutore. La sede centrale della scuola approvò l’eccezione di accettare un minorenne con tutor e nacque, 3 anni dopo, il mio primo attestato con titolo: Esperimentatore Elettronico. Avevo 11 anni ed avevo già costruito con le mie mani radio, giradischi, circuiti logici con transistori e tanto altro. Mio padre mi aveva accompagnato e sostenuto in quel bellissimo “viaggio”.

Lezione n. 1 I regolamenti sono trattabili se la passione è evidente.

 Bit, cassette e notti in BASIC

L’arrivo di un Commodore VIC‑16 spalancò un orizzonte nuovo. Linee di codice scritte di notte e salvate su musicassette. Poi vennero il VIC‑20, il 64, il 128 ed infine l’Amiga 500 e l’Olivetti. Ogni salto di RAM era un salto di possibilità. Passavo ore a caccia di bug che oggi un compilatore segnala in un secondo. Riparare un televisore a tubo catadico, capire come funzionassero le valvole e come le stesse potessero essere sostituite con i transistori facendo, non sapendolo appieno, ingegneria inversa. Inseguire il progresso prima di essere travolti!

Lezione n. 2 La pazienza che alleni ti servirà in qualunque mestiere.

 Lavorare con le mani per capire i manuali

Prima di laurearmi in ingegneria ho steso vernice, tagliato tubi, piallato assi, collegato cavi e strumenti, saldato migliaia di componenti elettronici. Quei lavori “di fatica” hanno inciso più di un esame di Fisica o Matematica. Mi hanno insegnato che la teoria deve reggere il peso del martello. Ogni volta che progetto un inverter fotovoltaico, ripenso all’acqua che schizzava fuori da un giunto mal stretto. Progettare bene significa evitare che qualcun altro si sporchi al posto tuo.

 Musica on the road

La sera, chiusi i cantieri, si aprivano i palchi. Band locali nei club di Lecce, amplificatori valvolari che friggevano, corde che si rompevano all’accordo sbagliato. Ognuno di quei concerti mi ha ricordato che la tecnologia è disciplina, ma l’arte è liberatoria e mai realmente separata.

 Quarant’anni in corsia di sorpasso tecnologico

Negli anni Ottanta accendevo la TV a valvole dieci minuti prima dei cartoni: doveva letteralmente scaldarsi. Quelle lampadine di vetro bollente mi spiegavano a livello viscerale che l’energia non è gratis: si sente sulla pelle.

Con i Novanta arrivò il Walkman, presto sostituito dai primi lettori CD. Improvvisamente la musica diventava compagna di strada: la portabilità non era più un lusso, ma un diritto. Fu il mio primo incontro con l’idea di user‑experience.

Il cambio di millennio portò USB e ADSL. I progetti che prima viaggiavano in buste imbottite ora correvano in allegati da pochi kilobyte. Scoprii che il dato può smaterializzarsi e che, se non hai un backup, si smaterializza per sempre.

Quando gli smartphone e il cloud esplosero nel 2010, il desktop entrò in tasca. Il progetto poteva nascere a Lecce, essere revisionato a Berlino e andare in produzione a Bangalore, tutto in una giornata di fuso orario.

Oggi, con l’IA generativa che scrive codice e disegna circuiti, mi rendo conto che il passo successivo non è solo velocità, è delegare creatività. Il vero capitale ora è capire che cosa domandare alla macchina e perché.

Ma se un ragazzo nato nel 2010 sta leggendo queste righe, forse non ha mai visto una valvola incandescente, né infilato l’indice nella rotella di un telefono grigio SIP per comporre il numero. Forse non ha riavvolto un nastro del Walkman con una penna Bic, non ha soffiato dentro una cartuccia del Game Boy, non ha sentito l’odore di ozono del fax appena stampato. Questi oggetti non erano semplici gadget, erano il ponte fisico fra le persone e le idee. Ricordarli serve a capire che la tecnologia non cade dal cielo, si costruisce, si rompe, si ricostruisce. E quando scompare, lascia dietro di sé un lessico di gesti che vale la pena tramandare.

Lezione n. 3 Non rincorrere ogni novità: individua il cambio di paradigma e adattati prima che diventi invisibile.

 Cinque bussole per chi sperimenta oggi

  1. Sporcati presto – Impara la fisica dei materiali prima di disegnarli in CAD.
  2. Mantieni lo stupore – Se un circuito che funziona non ti emoziona, fermati un attimo.
  3. Documenta in corsa – Le note di laboratorio diventano manuali, le jam‑session diventano canzoni.
  4. Coltiva almeno due passioni – Una ti darà rigore, l’altra ti impedirà di diventare rigido.
  5. Accetta la curva esponenziale – Il ritmo della tecnologia non rallenterà: allena la tua capacità di apprendere.

 Perché condivido questa storia

Perché un bambino con un saldatore in mano oggi potrebbe nascere davanti a un kit Arduino o a un modello di IA. Se leggendo queste righe senti formicolare la curiosità, trova il tuo saldatore, reale o metaforico e comincia. Il progresso non aspetta, ma insegna volentieri a chi lo affianca con umiltà.

Rimaniamo sperimentatori, finché dura la corrente. L.L.