VI REGALO CLICCANDO QUI LA TRASCRIZIONE DELL’INTERVENTO Dell’Ing. Biondi
Nel panorama sempre più affollato delle teorie alternative e delle presentazioni “scientifiche” che ammiccano al grande pubblico con promesse di scoperte sensazionali, spicca l’intervento dell’ingegnere Filippo Biondi, presentato come una rivelazione sull’uso del radar ad apertura sintetica (SAR) per esplorare l’interno delle piramidi e le profondità terrestri. Un’idea affascinante, certo. Peccato che sia basata su una serie di fraintendimenti, forzature concettuali e salti logici che vale la pena analizzare con calma.
Il pubblico a cui si rivolge Biondi è eterogeneo: persone curiose, spesso prive di formazione tecnica specifica, affascinate da tutto ciò che sembra “segreto”, “nascosto”, “proibito”. Ed è proprio facendo leva su questi elementi – la suggestione del mistero, il linguaggio tecnico mescolato a narrazione appassionata – che l’intervento si costruisce. Ma dietro le parole, il contenuto regge davvero?
In questo articolo smonteremo, passo dopo passo, le affermazioni fatte da Biondi nella sua conferenza, chiarendo cosa c’è di vero, cosa è mal interpretato e cosa è pura invenzione. Il tono sarà diretto, a tratti ironico, ma sempre basato su principi fisici e logica. Qui il video in questione
1. Il titolo fuorviante: “Sonar spaziale”
Biondi apre la conferenza parlando del “sonar spaziale”, una definizione che egli stesso dichiara provocatoria. E ha ragione: nello spazio, in assenza di un mezzo materiale, le onde acustiche – su cui si basa il sonar – non possono propagarsi. È fisica elementare. Ma anziché fermarsi a questa contraddizione, la cavalca con entusiasmo, insinuando che, in qualche modo, loro siano riusciti a usarlo davvero.
La verità? Nessuno ha mai usato un sonar nello spazio. Quello che si utilizza è il radar, che sfrutta onde elettromagnetiche. Confondere (o mescolare) le due tecnologie non è solo scorretto, è fuorviante per chi ascolta.
2. Orbite e satelliti: nozioni corrette, usate per creare autorevolezza
L’esposizione prosegue con un lungo excursus sulle orbite satellitari: bassa, media, geostazionaria. Fin qui nulla da dire: sono informazioni vere e utili. Ma vengono impiegate non tanto per spiegare il contenuto scientifico del lavoro, quanto per costruire un’aura di competenza e far presa sull’ascoltatore.
È una tecnica retorica ben nota: offrire nozioni corrette all’inizio per poi introdurre, mescolandole, affermazioni infondate con la pretesa che il pubblico accetti tutto in blocco. Una strategia che, purtroppo, funziona.
3. Radar ad apertura sintetica (SAR): spiegazione base, ma imprecisa
Biondi tenta di spiegare il principio del radar ad apertura sintetica: una tecnica effettivamente usata per generare immagini ad alta risoluzione da piattaforme in movimento, come satelliti o droni. Fin qui bene.
Ma si spinge a dire che i satelliti possono raggiungere risoluzioni di 6-7 cm da 600 km di altezza grazie a un’“apertura virtuale” di 80 km. Questo valore è esagerato: anche i radar SAR più avanzati operano tipicamente con risoluzioni da decine di centimetri a qualche metro, e l’apertura sintetica simulata non raggiunge 80 km in senso stretto, ma è una costruzione matematica che ha limiti precisi.
4. Il “Doppler che diventa suono”
Una parte centrale del discorso è dedicata all’effetto Doppler e alla sua supposta connessione con l’acustica. Biondi afferma che il radar SAR funziona anche grazie a una banda Doppler che “ricade nella banda acustica”, e quindi i dati si possono leggere “come suoni”. Questa affermazione è completamente errata.
L’effetto Doppler nei radar SAR serve a risolvere la posizione degli oggetti nella direzione del moto orbitale. Non ha nulla a che vedere con l’udibilità umana o con l’acustica. Il fatto che alcune frequenze cadano nello spettro audio non significa che diventino suoni nel senso fisico o fisiologico del termine. È una sovrainterpretazione poetica, non una realtà tecnica.
5. Fotoni, fononi e fantasia
Biondi introduce il concetto di “trasformare l’energia fotonica in energia fononica” – cioè di convertire onde elettromagnetiche in vibrazioni meccaniche – sostenendo che una parte dell’energia radar si trasformerebbe in fononi che poi “rimbalzano” dal sottosuolo e tornano in superficie. Ma questo non ha alcun fondamento nella fisica del radar.
Innanzitutto, è bene chiarire che i fasci elettromagnetici coerenti, come quelli prodotti da un radar, non sono composti da singoli fotoni isolabili o utilizzabili alla stregua di quanti “interattivi” con la materia in forma vibrazionale. I fotoni sono entità quantistiche, sì, ma la loro trasformazione in vibrazioni meccaniche locali non avviene spontaneamente o in modo coerente nel sottosuolo. Inoltre, l’energia trasmessa da un radar SAR – anche quella dei più potenti – è insufficiente per generare fononi strutturati, riflettenti e coerenti nel tempo.
L’idea che si possano “leggere” vibrazioni fononiche generate da impulsi radar nello spazio equivale a credere che una torcia possa generare onde sismiche. Non solo manca ogni prova a supporto, ma il principio stesso è incoerente con ciò che sappiamo sull’interazione tra onde elettromagnetiche e materia solida.
6. Le vibrazioni delle piramidi e le onde evanescenti
Nel tentativo di rendere credibile la narrazione, Biondi dichiara che le piramidi vibrano a causa del vento e delle attività umane, e che tali vibrazioni vengono rilevate dal radar SAR come “anomalie Doppler”. Ma il SAR non è progettato per misurare vibrazioni meccaniche su piccola scala né tantomeno quelle evanescenti. Le cosiddette onde evanescenti, peraltro, hanno un significato ben preciso in fisica e non si riferiscono certo a vibrazioni subsoniche intercettabili dallo spazio. Ancora una volta, si prende un termine reale e lo si reinventa per suggestione.
7. Il paragone con il giradischi
La metafora del “giradischi spaziale”, con la Terra come vinile e il radar come testina che legge, è senz’altro affascinante, ma non ha valore esplicativo né tecnico. È una figura retorica, utile per chi vuole immaginare scenari poetici, ma fuorviante per chi cerca comprensione reale del fenomeno. Confondere metafore con modelli fisici è un errore grave se l’obiettivo è divulgare correttamente.
8. Etimologia creativa: l’eretico come aria e libertà
Tra i momenti più originali – e qui usiamo un eufemismo – c’è la spiegazione etimologica del termine “eretico”, che secondo Biondi deriverebbe da “aero”, aria, e dunque libertà. Una definizione che farebbe sorridere anche un liceale. In realtà, la parola “eretico” viene dal greco hairetikós, che significa “scelto”, “che sceglie”, ed era usata nel contesto religioso per indicare chi aderiva a una dottrina diversa da quella ufficiale. Nessuna traccia di vento, cielo o mongolfiere semantiche. Ma tant’è: la libertà narrativa, in questi casi, pare valere più della filologia.
9. Tomografie del sottosuolo dalle orbite? Solo in senso lato
Infine, Biondi mostra delle immagini che definisce “tomografie del sottosuolo”, sostenendo che siano state ottenute con la sua tecnica radar. Ma nessun radar SAR attualmente in orbita è in grado di effettuare reali tomografie tridimensionali di strutture a centinaia di metri di profondità. Si possono stimare spostamenti millimetrici della superficie o penetrare alcuni decimetri in terreni asciutti, ma parlare di vere e proprie “immagini del sottosuolo” è una forzatura.
E qui si apre un’altra questione cruciale: la “visualizzazione”. Biondi mostra immagini colorate, piene di gradienti e forme più o meno interpretabili, dichiarando di “vedere” gallerie, turbine, cavità sotterranee. Ma senza misure quantitative, senza curve di risposta, senza validazioni indipendenti, si tratta solo di suggestione visiva. Un po’ come guardare le nuvole e vedere conigli: divertente, ma ben lontano da un dato scientifico. La mente umana è straordinariamente brava a completare i pattern visivi, e su questo fanno leva molte tecniche di manipolazione cognitiva.
10. Carl Wiley: visionario, non eretico
Biondi definisce Carl Wiley un “eretico” per le sue idee sulle vele solari. In realtà, Wiley non lavorava alla Bell, ma all’Air Force Aircraft Radiation Lab, e fu tra i primi a proporre – nel 1951 – l’uso della pressione della luce per la propulsione spaziale. Non un eretico, ma un visionario: le sue intuizioni hanno ispirato progetti come LightSail e IKAROS. Altro che ribelle, era solo in anticipo.
11. Gli occhi e la trasformata che materializza
Secondo Biondi, “gli occhi fanno una trasformata istante per istante per vedere gli oggetti”. Non per vederli nel senso neurologico, no: per creare gli oggetti stessi a partire dalle onde. Insomma, guardi una sedia e puff! Esiste perché hai fatto la trasformata giusta.
Qui non siamo più nella fisiologia, ma nel fantasy quantistico. In realtà, gli occhi non materializzano nulla: rilevano fotoni, li convertono in segnali elettrici e il cervello interpreta. Nessuna onda si trasforma in materia. A meno che tu non sia Neo in Matrix, ma anche lì serviva almeno un cavo USB nel cranio.
Conclusione
L’intervento di Biondi affascina, senza dubbio. Ma è proprio questa la sua forza: usare linguaggio tecnico, mescolare verità e fantasia, sfruttare metafore suggestive per costruire una narrazione che sembra scientifica, ma non lo è. Il problema non è solo la mancanza di rigore, ma il fatto che, così facendo, si allontana il pubblico dalla vera conoscenza, quella basata su metodo, verifica e confronto.
Smontare affermazioni come queste è un dovere non per distruggere, ma per ricostruire senso critico e capacità di distinguere tra realtà e invenzione. Perché la scienza, quella vera, è già straordinaria così com’è. L.L.