CQ CQ DX – Quando comunicare era poesia

Nome in codice: Cane Randagio

Molto prima di internet, molto prima dei telefoni cellulari, c’era un ragazzino che sognava l’altrove, che provava a piegare le sbarre di una gabbia invisibile con la forza dell’immaginazione e delle onde radio.

Era il tempo dei “baracchini”, piccole scatole metalliche ricetrasmittenti che facevano viaggiare la voce più lontano dei piedi. Sul tetto, antenne che sembravano rami rivolti verso il cielo. In casa, amplificatori di segnale a valvole che scaldavano l’aria come piccoli cuori elettronici, tremolanti di vita, pronti a dare slancio a ogni segnale che si arrampicava tra le nuvole.

“CQ, CQ DX, South Italy calling…”

E nell’etere, tra fruscii e silenzi, si affidava un pezzo di sé al caso e alla propagazione. Poi si lasciava il mike — quel piccolo oggetto rotondo che trasformava il respiro in voce — e si aspettava. A volte una voce lontana rispondeva, altre volte solo il silenzio, ma sempre la speranza. Poche parole, un nome, un indirizzo. Poi l’attesa.

Un giorno arrivava per posta una meraviglia: una cartolina stampata, spesso colorata, con simboli, codici, luoghi sconosciuti. Un sigillo muto che diceva: “Ti ho sentito. Ci siamo trovati.” Si chiamavano QSL. Non erano cartoline souvenir: erano prove tangibili di aver toccato il mondo con un filo d’aria.

Costruivamo sogni con le mani nude, china sulla scrivania, tra stagno fuso con il saldatore e “profumo” di resina. Seguivamo gli schemi elettronici delle riviste come Nuova Elettronica, e da piste di rame e componenti elettrici minuscoli nascevano circuiti che prendevano vita sotto le nostre dita. Ogni saldatura era un gesto di fiducia, ogni impulso un messaggio in attesa del suo destino.
Era un tempo in cui anche il silenzio aveva un peso, e ogni contatto era conquista.

Quel ragazzino, crescendo, ha continuato a cercare frequenze, a inseguire segnali e possibilità. È arrivato fino a una laurea in ingegneria, con la stessa voglia di capire, di costruire, di comunicare. Oggi parla con intelligenze artificiali, progetta con strumenti che allora erano fantascienza, ma non ha mai dimenticato la voce che arrivava dal nulla e lo faceva sentire parte di un tutto invisibile.

Oggi tutto è connesso, tutto è istantaneo, tutto è previsto forse anche grazie a quelle vecchie “conquiste”. Ma in un mondo che parla continuamente, non sempre si ascolta davvero.
Forse è per questo che, a volte, riapro il cassetto dei ricordi e ritrovo quelle vecchie QSL, stanche ma fiere, che raccontano di un tempo in cui comunicare era un atto poetico, e non solo una funzione. L. L.