Ogni estate, puntuale come l’afa, qualcuno esclama: “Ha sempre fatto caldo, una volta si sudava pure di più.” E ogni volta, mi chiedo se lo dica davvero convinto o solo per non affrontare la realtà.
Perché la verità è che fa caldo, sì, ma non è solo caldo. È qualcosa che sta cambiando in profondità e noi, oggi, abbiamo gli strumenti per capirlo con precisione.
C’è chi guarda il cielo, chi osserva i fiumi, chi misura il vento. E poi ci sono quelli che leggono il passato nei luoghi dove il tempo si è fermato e conserva tracce millimetriche del mondo com’era. Due sono le biblioteche naturali più preziose che abbiamo: i ghiacci polari e i fondali marini.
Nel primo caso, si scava nelle calotte di Groenlandia o dell’Antartide, si estraggono cilindri di ghiaccio lunghi decine o centinaia di metri. Ogni strato è come un anno di calendario (semplificando per comprendere). La neve caduta, compressa stagione dopo stagione, racconta quando è scesa, quanto era fredda, quanto inquinata e persino se c’erano incendi nei continenti lontani. Ma soprattutto, intrappola l’aria dell’epoca. Microbolle invisibili contengono l’atmosfera di migliaia di anni fa e, analizzandole, possiamo sapere esattamente quanta CO₂ c’era nell’aria in un determinato periodo. Non si tratta di ipotesi, ma di misurazioni dirette.
E cosa scopriamo? Che per centinaia di migliaia di anni e possiamo spingerci fino a 800.000, la concentrazione di CO₂ è rimasta entro un intervallo preciso e cioè tra 180 e 300 parti per milione (ppm). Mai sopra, nemmeno nei periodi caldi.
Poi, negli ultimi due secoli, la curva si impenna. Nel 1800 eravamo a circa 280 ppm. Nel 1950 siamo saliti a 310. Oggi abbiamo superato quota 420 e questa impennata non ha precedenti nel record geologico. Nemmeno i cicli glaciali più intensi, le eruzioni vulcaniche o le variazioni solari hanno mai prodotto un cambiamento così rapido.
Ma i ghiacci non sono gli unici a parlare. Anche il fondo degli oceani conserva la memoria, strato dopo strato, anno dopo anno, i sedimenti si accumulano. E dentro quei sedimenti troviamo resti microscopici: plancton fossilizzato, polveri trasportate dal vento, minerali che reagiscono in modo diverso in base alla temperatura e alla composizione chimica dell’acqua. Persino gli isotopi dell’ossigeno (Gli isotopi sono atomi dello stesso elemento chimico, quindi con lo stesso numero di protoni, ma con un numero diverso di neutroni), contenuti nelle conchiglie fossili cambiano a seconda della temperatura marina dell’epoca.
Questi dati ci raccontano la stessa storia: il clima ha sempre oscillato, sì, ma lentamente, in modo ciclico, con tempi naturali dell’ordine di migliaia di anni. Non decenni. Oggi, invece, stiamo comprimendo secoli di trasformazioni in una manciata di anni. È come se un orologio che gira lentamente da milioni di anni venisse improvvisamente forzato a correre. E i suoi ingranaggi iniziano a cedere.
Molte persone fanno confusione tra due concetti molto diversi: il tempo meteorologico e il clima. Succede ovunque, anche tra persone di cultura. È comprensibile, ma pericoloso. Perché da quella confusione nascono affermazioni come: “Ha sempre fatto caldo” oppure “L’inverno scorso è stato freddissimo, quindi quale riscaldamento globale?”
Per chiarire la differenza, immaginate di guardare un singolo giorno, come oggi, oppure di ricordare una particolare estate, magari quella del 2003, insolitamente torrida. Quello che state ricordando è il tempo atmosferico. Un fenomeno stagionale o giornaliero, che può oscillare anche in modo forte, ma che non racconta nulla sulla tendenza generale del sistema.
Il clima, invece, si costruisce dalla media di migliaia di questi eventi. È come dire: guardo una sola onda del mare e da quella voglio capire se la marea sta salendo o scendendo. Non funziona. Per sapere se la marea sale, serve tempo, serve una serie di misure, serve contesto.
Un altro esempio utile è quello del conto in banca. Se oggi spendi cinquanta euro e domani ne risparmi venti, hai oscillazioni giornaliere. Ma se per mesi spendi più di quanto incassi, anche se in certi giorni sembri in pareggio, il saldo totale ti dirà la verità: stai andando in rosso. Allo stesso modo, anche se un inverno risulta freddo o una primavera insolitamente piovosa, ciò non smentisce il fatto che la temperatura media globale sta aumentando.
Come professionista nel settore, mi pesa vedere che proprio il settore energetico è stato, e in parte continua a essere, la principale sorgente di queste emissioni. La combustione di carbone, petrolio e gas naturale rilascia CO₂, e lo fa in quantità talmente elevate che i sistemi naturali non riescono più ad assorbirla. Eppure, è proprio dal mondo dell’energia che potrebbe partire la soluzione.
Abbiamo a disposizione tecnologie che ci permettono di produrre elettricità senza emettere nulla o biocarburanti che riducono drasticamente la co2. Fotovoltaico, eolico, geotermia, idroelettrico, accumulo intelligente. Tutto questo esiste, è reale, e può essere migliorato. Ma la transizione non sarà solo tecnica, sarà anche culturale. Dovremo smettere di raccontarci che non possiamo farci nulla o che tanto l’inquinamento lo fanno i cinesi. La CO₂ non ha confini e ogni grammo che evitiamo di emettere, vale ovunque.
Non servono parole d’effetto, serve capire. Capire che il ghiaccio non mente, che il mare ha registrato ogni passo, che i dati ci sono, chiari e coerenti. E che chi li nega, spesso, non li ha nemmeno letti.
Possiamo ancora scegliere, smettere di semplificare ciò che è complesso. Agire invece di negare, investire, innovare, cambiare. Il cambiamento climatico non è una teoria è il presente che si scrive sotto i nostri occhi. E la differenza tra subirlo o governarlo dipende solo da noi. L.L.