In questo blog abbiamo spesso parlato di transizione energetica. Dei suoi obiettivi, delle tecnologie che la rendono possibile e della necessità evidente di uscire gradualmente dai combustibili fossili. Ma oggi sentiamo il bisogno di fare una pausa e guardare questa “transizione” con più lucidità. Non per rinnegarla ma per capirla davvero. Spiegarla a chi, magari in buona fede, ne ha ricevuto solo una versione semplificata o caricaturale, da fantomatici esperti nei social.
Le emissioni aumentano: un segnale di fallimento?
Nel 2024 le emissioni globali di CO₂ hanno raggiunto un nuovo massimo; 36,8 miliardi di tonnellate provenienti dai combustibili fossili (Global Carbon Budget). A prima vista sembrerebbe la prova che stiamo sbagliando tutto ma non è così semplice. La transizione è un processo, non un interruttore e, ogni processo, ha delle fasi di assestamento, contraddizioni incluse.
Paesi come India e Cina, ancora nel pieno della loro industrializzazione, stanno crescendo in termini di consumo energetico. È inevitabile che, almeno nel breve termine, le emissioni globali riflettano anche questa realtà. Non si può chiedere a chi ancora non ha avuto energia a sufficienza di iniziare subito dalla fase finale della transizione. Sarebbe poco etico e anche poco realistico.
Il gas naturale: scelta sbagliata o compromesso necessario?
Molti hanno criticato la decisione dell’Unione Europea di includere il gas naturale nella tassonomia “verde” (fonte ufficiale). Ed è giusto chiedersi se si tratti di greenwashing. Ma occorre anche spiegare un concetto fondamentale; non tutto ciò che non è perfetto è sbagliato.
Il gas produce circa la metà delle emissioni rispetto al carbone e ha il vantaggio di essere regolabile. Può entrare in rete rapidamente quando il fotovoltaico cala o il vento non soffia. Per questa ragione, molti paesi lo considerano un “male minore” in una fase di transizione. Non è la destinazione finale, ma un tragitto intermedio. Serve a garantire continuità, mentre le rinnovabili e i sistemi di accumulo maturano.
Le rinnovabili stanno crescendo, ma non è (ancora) sufficiente
Nel 2023 il mondo ha installato una quantità record di fotovoltaico e eolico, ma secondo l’IEA, le fonti fossili coprono ancora circa il 60% della produzione elettrica globale. Le reti elettriche non sono pronte per gestire in modo efficiente una generazione così variabile. E gli accumuli (batterie, idrogeno o altri sistemi di accumulo)) sono ancora limitati, costosi e scarsamente diffusi.
Nonostante ciò, la crescita delle rinnovabili è concreta. Il problema è che la domanda globale di energia aumenta continuamente. E anche solo mantenere stabile la quota fossile, in un contesto di aumento dei consumi, significa che le emissioni possono continuare a salire per qualche anno.
Le batterie e le materie prime: un’altra transizione da gestire
Le auto elettriche e i sistemi di accumulo richiedono litio, cobalto, nichel, rame. Sono risorse che vanno estratte, raffinate e trasportate. Ogni scelta tecnologica ha un costo ambientale. Il punto non è trovare una soluzione “a impatto zero” (non esiste), ma sostituire un sistema insostenibile con uno più efficiente, meno distruttivo e più controllabile.
Secondo l’IEA Critical Minerals Report, la domanda di litio è cresciuta del 32% in un anno. Serve quindi un’altra transizione: quella verso un approccio responsabile all’approvvigionamento e al riciclo delle risorse e l’Italia ha progetti in atto in tal senso.
L’Italia: buona volontà, ma ancora troppe dipendenze
Nel 2023 abbiamo installato quasi 6 GW di nuovo fotovoltaico, ma secondo il GSE solo una minima parte è accompagnata da accumuli. Questo ci costringe, nei momenti di picco o assenza di sole, a importare elettricità o usare gas. Ember Climate stima un aumento del 19% delle importazioni elettriche nel 2024 (fonte).
Stiamo facendo sforzi reali, ma ancora troppo frammentati. Serve una strategia nazionale che integri produzione, accumulo, reti e semplificazione burocratica. La tecnologia non basta se non la accompagni con visione e coraggio ma questo sta avvenendo e, come detto prima, è un processo non un interruttore pertanto i risultati più tangibili si vedranno man mano.
Conclusione: critici, sì. Ma anche costruttivi.
Non si tratta di negare la transizione, né di elogiarla acriticamente. Si tratta di capirla. La transizione è fatta di compromessi, di fasi intermedie, di errori anche. È giusto analizzare i dati e mettere in discussione le scelte. Ma è altrettanto giusto spiegare che alcune decisioni, sebbene imperfette, fanno parte di un cammino razionale verso un sistema energetico migliore.
Chi racconta solo i successi, semplifica ma anche chi racconta solo i fallimenti, sbaglia. La verità è che siamo nel mezzo. E da qui si può ancora scegliere di farla bene e meglio, questa benedetta transizione. L.L.
In questo articolo spiego la Transizione Energetica, leggila se ti va 🙂