L’efficienza che chiede energia
Nel precedente articolo sulla Consapevolezza Industriale, abbiamo visto come dati, competenze e tecnologia siano diventati i nuovi motori dell’efficienza. Oggi quel motore gira a pieno regime ma non senza carburante.
La digitalizzazione è stata la rivoluzione più visibile dell’ultimo ventennio. Ha ridotto l’uso della carta, reso immediata la trasmissione dei documenti, eliminato spazi d’archivio e tonnellate di faldoni, toner, plastica, colla, collettori d’aria, camion per la distribuzione e persino il rumore delle stampanti.
Un ufficio “paperless” è più leggero, più ordinato e più rapido ma tutto ciò che non è più fisico è diventato elettrico. Ogni documento, ogni grafico, ogni dato archiviato, pur non occupando spazio fisico tangibile, consuma energia, produce calore.
Secondo l’International Energy Agency, l’ecosistema digitale globale – server, reti e dispositivi, è responsabile di oltre il 4% delle emissioni mondiali di CO₂ e il dato cresce con l’espansione del cloud industriale. L’efficienza, insomma, non è più soltanto un fatto organizzativo, è diventata una questione termodinamica.
Dalla conoscenza alla consapevolezza ambientale
Nel percorso verso l’industria 5.0, abbiamo imparato che la produttività non dipende solo dalla velocità delle macchine, ma dalla capacità delle persone di leggere i dati e interpretare i processi.
Oggi dobbiamo aggiungere un nuovo livello e cioè leggere il costo energetico della conoscenza.
Ogni algoritmo che analizza, ogni server che elabora, ogni dashboard che si aggiorna automaticamente, ha una propria impronta ecologica. È la nuova “bolletta digitale” dell’industria moderna.
Non basta più saper usare la tecnologia, occorre imparare a usarla responsabilmente.
Data center e infrastrutture: le nuove centrali operative
Il cloud è diventato la fabbrica invisibile del XXI secolo. Milioni di server che archiviano e processano informazioni per imprese, pubbliche amministrazioni e cittadini. Molti di questi centri dati consumano energia elettrica paragonabile a quella di intere province, oltre a quantità d’acqua enormi per il raffreddamento.
Abbiamo parlato di affidabilità, oggi quell’affidabilità deve comprendere anche la resilienza energetica.
Un sistema che garantisce uptime costante ma richiede raffreddamento 24 ore su 24, è affidabile solo a metà. La sfida attuale non è spegnere i server, ma raffreddarli con intelligenza, usare il calore dissipato per riscaldare uffici o acqua, ottimizzare gli algoritmi, alimentare i data center con fonti rinnovabili.
AI, realtà aumentata e potenza di calcolo: il nuovo costo della conoscenza
La digitalizzazione industriale si sta spingendo ben oltre gli schermi. Stiamo introducendo visori di realtà aumentata per la manutenzione, digital twin per il monitoraggio, modelli di intelligenza artificiale per l’ottimizzazione predittiva. (Per i meri calcoli dei consumi, anche far modificare una foto della nonna a chatgpt). Strumenti che migliorano efficienza, sicurezza e affidabilità ma al prezzo di una potenza di calcolo esponenzialmente superiore.
Un visore immersivo consuma in un’ora quanto un computer portatile acceso per un giorno intero.
L’addestramento di un algoritmo di intelligenza artificiale può richiedere l’energia di centinaia di migliaia di chilometri percorsi in automobile, è il costo nascosto della conoscenza.
Eppure, come già emerso nel percorso di consapevolezza industriale, la soluzione non è rallentare ma progettare meglio, ottimizzare i modelli, ridurre il superfluo, aggiornare solo ciò che serve.
Il lavoro remoto e la nuova economia degli spostamenti
Un altro tassello, apparentemente lontano ma strettamente connesso, riguarda il lavoro remoto.
Durante la pandemia, molte aziende hanno scoperto che efficienza e produttività potevano convivere con la distanza. Da allora, la cultura del lavoro è cambiata.
Il remote working è anche un fattore energetico. Ogni giornata di smart working significa meno carburante, meno pneumatici, meno manutenzione stradale, meno stress logistico e stress per i lavoratori. La IEA stima un potenziale risparmio di fino al 15% delle emissioni di CO₂ nei contesti urbani ad alto pendolarismo. Ma anche qui serve equilibrio, case poco isolate, climatizzatori accesi più a lungo e dispositivi sempre online, possono annullare il vantaggio ottenuto.
L’industria 5.0, che pone l’essere umano al centro, deve considerare anche la qualità energetica del tempo lavorativo. Lavorare meno in presenza non basta, bisogna lavorare meglio, ovunque, consumando meno altrimenti non ha utilità a livello globale perché, ricordiamolo, ogni passo va fatto anche dal singolo.
E-waste: il nuovo rifiuto invisibile
Mentre si riduce il consumo di carta, cresce quello di metalli come il Cobalto, rame, litio, silicio, oro, praticamente i mattoni del digitale. Ogni smartphone, server, sensore, datacenter, ha una data di scadenza tecnologica che spesso precede quella fisica. Il risultato è un flusso costante di rifiuti elettronici che supera i 60 milioni di tonnellate all’anno, secondo il Global E-Waste Monitor 2024. Solo il 22% viene correttamente riciclato.
È un punto cruciale della nuova sostenibilità industriale, la transizione ecologica non può poggiare su un digitale usa e getta. Rigenerare, riutilizzare e riciclare, le stesse logiche che abbiamo applicato ai materiali devono valere anche per i circuiti elettronici, batterie, cavi ecc.
Dalla sostenibilità alla responsabilità
Abbiamo parlato di sviluppo sostenibile come equilibrio tra crescita economica e tutela ambientale. Quella definizione si allarga perché sostenibilità significa anche gestione consapevole dell’impronta digitale. Le imprese devono misurare i propri flussi informativi come misurano quelli energetici. Ogni documento salvato, ogni backup, ogni algoritmo allenato, ogni streaming aziendale, è parte dell’impatto complessivo. La consapevolezza industriale evolve così in consapevolezza ambientale digitale. Capire non solo come funziona un impianto, ma quanto costa in energia, dati e risorse per mantenerlo in funzione.
Verso una digitalizzazione sostenibile
Le aziende dovranno introdurre metriche specifiche per la sostenibilità digitale:
- consumo dei sistemi informatici e infrastrutturali
- efficienza degli algoritmi di AI
- ottimizzazione dei flussi di dati
- uso di hardware rigenerato e materiali riciclabili
- bilancio energetico del lavoro ibrido
- Riutilizzo dell’energia “di scarto”, ad esempio calore datacenter
Queste misurazioni diventeranno indicatori di competitività. Digitalizzare, d’ora in avanti, dovrà significare anche produrre meno watt per ogni bit.
In definitiva
Nel percorso che porta dall’industria tradizionale a quella consapevole, la digitalizzazione è il ponte che unisce efficienza e conoscenza e ogni ponte regge solo se ne conosciamo il peso. Abbiamo imparato a leggere i dati, ora dobbiamo imparare a leggere l’impronta energetica dei dati stessi. La vera trasformazione è la capacità di fare tecnologia sapendo quanto pesa sul mondo che la ospita trovando soluzioni sempre migliori. L.L.
Fonti e approfondimenti
- IEA – Working from home can save energy and reduce emissions. But how much?
- IEA – Average change in energy demand and CO₂ emissions from one day of home working
- ScienceDirect – The impact of teleworking on domestic energy use and carbon
- Climate Action Accelerator – Teleworking as an energy-saving solution
- Eurofound – Is telework really “greener”? (Working Paper, 2022)
- MyClimate – The Digital Carbon Footprint
- Geneva Environment Network – Data, Digital Technology and the Environment
- MIT News – Explained: The Environmental Impact of Generative AI
- The Global E-Waste Monitor 2024 – UNITAR / ITU / UNU
- ITU – The Global E-Waste Monitor 2024 (Report)