Auto elettriche: ingegneria della transizione o illusione di sostenibilità?

Auto elettrica in ricarica davanti a impianto industriale con ciminiere, simbolo della contraddizione tra mobilità elettrica e produzione energetica non sostenibile

Quando si parla di auto elettriche, il dibattito tende a polarizzarsi; da un lato chi le esalta come panacea ecologica, dall’altro chi le bolla come costose e inutili.
La verità, come spesso accade, sta nei dettagli, chi guarda le cose con occhi tecnici sa bene che serve un’analisi completa, sistemica, per capirne il reale valore.

Motore elettrico: una macchina straordinaria

Dal punto di vista elettro-meccanico, il motore elettrico non ha rivali.
Ha un rendimento che può superare l’85%, offre coppia massima già a zero giri, richiede poca manutenzione e presenta una semplicità costruttiva che, dal punto di vista ingegneristico, è quasi elegante. Niente valvole, cambi complessi, scarichi, cinghie o lubrificazioni complicate.

L’accelerazione è fluida e immediata, silenziosa e reattiva. In città, dove si alternano continuamente fasi di stop & go, questa caratteristica si traduce in efficienza reale.
In autostrada, invece, il vantaggio si riduce. Il motore elettrico continua a consumare energia in modo proporzionale alla velocità, mentre un motore termico si stabilizza e, paradossalmente, diventa più efficiente in percorrenze costanti.

Il punto debole? La batteria. E non solo per il peso

Tutto il sistema elettrico, per quanto brillante, ruota intorno a un nodo ancora critico: l’accumulo dell’energia.

Le batterie moderne al litio hanno fatto grandi passi avanti, ma la loro produzione è ancora un processo energivoro, spesso basato su filiere poco trasparenti e con impatti ambientali non marginali.
Anche le gigafactory europee, pur costituendo un’alternativa strategica alla dipendenza dall’Asia, non sono di per sé “green”. Se per alimentarle si usa gas o carbone, stiamo solo spostando le emissioni da un settore all’altro.

In più, l’estrazione delle materie prime come litio, cobalto, nichel, ha costi ambientali e geopolitici pesanti e finché il riciclo delle batterie resta parziale e limitato, l’auto elettrica non è a impatto zero.

La rete elettrica: l’infrastruttura che ancora manca

Un altro punto spesso ignorato è la rete di alimentazione.
Si dà per scontato che l’auto elettrica sia sostenibile, ma in realtà lo è solo se l’energia che la ricarica è sostenibile.
E oggi, in Italia e in larga parte d’Europa, la rete è ancora alimentata in modo prevalente da gas naturale, con quote rinnovabili crescenti ma ancora instabili.

Senza una rete elettrica digitalizzata, bilanciata, capace di gestire la variabilità delle fonti rinnovabili e l’impatto delle ricariche rapide, l’elettrificazione della mobilità rischia di aggravare i problemi energetici anziché risolverli.
Serve accumulo diffuso, smart grid, automazione intelligente, e una produzione di energia decarbonizzata a monte.

Il ciclo di vita conta, e va guardato per intero

Un’auto elettrica nuova può avere il doppio delle emissioni rispetto a un’auto a combustione già esistente, solo per il processo produttivo iniziale.
Questo significa che per “pareggiare” dal punto di vista ambientale, deve essere usata a lungo, idealmente oltre i 150.000 km, e alimentata da fonti realmente pulite.

Cambiare un’auto diesel euro 6 funzionante con un’elettrica nuova, se non c’è una rete verde a supporto, è una forzatura più ideologica che sostenibile.

E dal punto di vista economico?

Qui il discorso cambia molto a seconda del contesto.
Se hai un impianto fotovoltaico, e puoi ricaricare di giorno o con tariffe notturne vantaggiose, l’auto elettrica diventa interessante anche sotto il profilo dei costi al chilometro.

Se invece ti affidi alle colonnine pubbliche, i costi salgono, a volte superando quelli dei carburanti tradizionali.
Senza contare i costi iniziali ancora elevati, la svalutazione incerta, e il fatto che in molti casi si parla di mobilità privata ancora non condivisa, quindi inefficiente per definizione.

Quindi, quando ha davvero senso?

Ha senso quando:

  • l’energia è prodotta da fonti rinnovabili,
  • la rete è in grado di gestire il carico, senza colli di bottiglia o picchi ingestibili,
  • le batterie sono prodotte e riciclate in modo sostenibile,
  • l’uso dell’auto è razionale, frequente, urbano o semiurbano,
  • e quando è integrata in un ecosistema più ampio, fatto di trasporto pubblico, sharing, logistica elettrica e gestione intelligente dei consumi.

In definitiva

L’auto elettrica, in sé, è una macchina straordinaria dal punto di vista ingegneristico.
Ma nessuna macchina, per quanto efficiente, può salvarci da un sistema energetico sbilanciato, inefficiente o ancora troppo legato al fossile.

Chi lavora nell’energia e nell’industria lo sa, la vera transizione non sta nel cambiare motore ma nel cambiare sistema. L.L.