Quando l’acqua diventa energia (e viceversa)

Goccia d’acqua trasparente che riflette pale eoliche, pannelli solari e linee elettriche al tramonto: simbolo del legame tra acqua ed energia.

Storia vera di una transizione che, senza acqua, si ferma.

In Italia l’estate ti entra in casa col rumore dei ventilatori e quel briciolo di ansia, “basterà l’acqua?”. Non è solo un fatto agricolo o domestico. L’energia stessa, quella che accende lampadine, pompe di calore, industrie, ha sete. Negli ultimi anni l’Europa si è inaridita e il sistema energetico l’ha sentita tutta. Nel 2022 il bacino del Po ha vissuto la peggiore siccità della memoria recente, fiume in secca, sale che risaliva dall’Adriatico, stato d’emergenza dichiarato. Repository Pubblicazioni JRC Reuters+1

Quella stagione ha inciso anche sulle nostre prese di corrente, con fiumi al minimo, l’idroelettrico è crollato. L’anno finito con una negatività che ha lasciato buchi, poi colmati da produzione più cara o da importazioni. I riepiloghi basati sui dati Terna parlano di un tonfo storico della fonte idrica nel 2022, un campanello che ha svegliato anche i più distratti. QualEnergia.it ESG360

Per capire perché succede, pensiamo semplice. Una centrale termoelettrica, gas o carbone cambia poco, è come un atleta sotto il sole, per correre forte deve rinfrescarsi e quindi attinge acqua per il raffreddamento. Vale anche per il nucleare, come sanno bene in Francia, quando i fiumi si scaldano troppo o scorrono piano, l’output viene ridotto per non danneggiare gli ecosistemi. È successo più volte, ed è un segno dei tempi con estati più calde e lunghe. Reuters +1

Per fortuna esistono tecnologie “sobrie”. Eolico e fotovoltaico, una volta installati, bevono pochissimo durante l’esercizio. È uno dei motivi per cui, nel mondo, la spinta verso queste fonti riduce i prelievi d’acqua del settore elettrico. Meno cicli termici da raffreddare, più sole e vento che lavorano asciutti. La letteratura energetica è chiara su questo punto. docs.nrel.gov IEA

Ma prima ancora di cercare “nuova” acqua, dovremmo smettere di perderla. Qui la realtà italiana fa male. Nel 2022 abbiamo dissipato 3,4 miliardi di metri cubi lungo le reti di distribuzione, pari al 42,4% dell’acqua immessa. Tradotto per chi non mastica numeri, quattro bicchieri su dieci svaniscono prima del rubinetto. Basterebbero, da soli, a coprire per un anno il fabbisogno di oltre 43 milioni di persone. Questo è il tallone d’Achille, non una nota a margine. Istat

Un altro equivoco del dibattito è l’idrogeno “verde” senza contesto. È utile, sarà importante ma non nasce dal deserto. Per 1 chilo di idrogeno via elettrolisi servono circa 9 litri d’acqua, che nella pratica diventano di più se includiamo purificazione e raffreddamento di processo, è un promemoria per scegliere bene dove farlo e con quale acqua. RMI

E il mare? Lì c’è una via d’uscita per coste e isole. La desalinizzazione funziona ma chiede corrente, energia. Gli impianti moderni a osmosi inversa si muovono in genere nell’ordine di ~2,5–3,5 kWh per metro cubo di acqua dolce prodotta, i valori variano per salinità e impiantistica ma l’ordine di grandezza è quello. Il senso, operativo e non ideologico, è accoppiarla a rinnovabili locali e usare i serbatoi d’acqua come “accumulo” naturale. IEA-ETSAPSpringerLink

C’è poi una carta spesso ignorata perché poco “fotogenica”, riusare in modo sicuro l’acqua depurata. L’Unione Europea ha fissato requisiti minimi proprio per questo e la norma è entrata pienamente in vigore il 26 giugno 2023. Significa portare acqua “di ritorno” dove serve, campi, industrie, talvolta anche processi energetici, liberando quella potabile per gli usi più nobili. È transizione vera, concreta. EUR-Lex

Se metti insieme i pezzi, la mappa per l’Italia è meno complicata di quanto sembri. Accelerare sole e vento perché sono parchi d’acqua oltre che di CO₂, dove restano impianti che hanno sete, scegliere raffreddamenti più parsimoniosi e riutilizzare acque non potabili. Diffondere il riuso “a norma UE” per togliere pressione ai fiumi, considerare la desalinizzazione là dove ha senso energetico e logistico, pianificare l’idrogeno solo in siti con disponibilità idrica adeguata. Tutto bello, ma inutile se continuiamo a sprecare quasi metà dell’acqua in rete, qui si gioca la partita più sporca e più decisiva. IEA Istat

La conclusione non ha bisogno di effetti speciali. La transizione che regge è quella che non resta all’asciutto al primo anticiclone. L’Italia conosce l’acqua da millenni, canali, cisterne, acquedotti, la sapienza degli avi. Tocca rimetterla al centro con la testa alta di chi costruisce, misura, manutiene. Perché l’energia, tutta l’energia, non è un filo invisibile, è un fiume che scorre e noi dobbiamo garantirgli la portata. L.L.

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